SILENZI CHE PARLANO. PAROLE CHE NON DICONO.

25.05.2020

Il silenzio rappresenta una forma di comunicazione dotata di un linguaggio, di un codice e di una semantica propri. In alcuni casi, infatti, a comunicare non sono affatto le parole, ma l'assenza di esse. Se il silenzio è in grado di veicolare numerosi e profondi significati, il parlare, spesso, abbandona la propria funzione comunicativa per sostenere altri inconsapevoli scopi. Il flusso verbale incessante può nascondere, ad esempio, un bisogno denegato di regolare la propria autostima, oppure un desiderio di fusione con l'Altro; potrebbe, inoltre, rappresentare una resistenza, per cui parlare di cose superficiali rappresenterebbe un modo per autoingannarsi rispetto alla presa di coscienza di tematiche ben più profonde; potrebbe, altresì, sostenere la funzione di scarica affettiva. In alcuni casi, quindi, le parole non promuovono la relazione, ma la sbarrano.Non è detto che chi parla poco non abbia niente da dire; ciò che è certo è che è più interessato a scoprire ciò che non sa piuttosto che ad esprimere ciò che sa.Ecco perché l'analista deve andare al di là della parola e scorgere lo scopo e il contenuto della comunicazione, sia essa verbale sia essa non verbale. Non è importante che il paziente parli sempre. Ciò che è davvero importante è che l'analista ascolti. 

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