QUALE NARCISISMO?

06.09.2020

Una determinata quota di narcisismo non sarebbe solo sana, ma si rivelerebbe anche auspicabile ed essenziale perché un individuo possa condurre una vita qualitativamente appagante. Avere fiducia nelle proprie capacità, nutrire consapevolezza del proprio valore e provare piacere nella relazione con se stessi è del tutto lontano da quell'autopresentazione elogiativa, onnipotente, rigida e compensativa tipica delle identità fragili. Nel narcisismo sano la dimensione Io-Tu non è denegata ma, al contrario, è capace di sostanziare e affiancare la soggettività: l'altro esiste come persona, e non come mero strumento di autocompiacimento. L'origine del discrimine tra una condizione essenziale per la vita, il narcisismo sano - appunto -, e una condizione patologica risiede peculiarmente nella capacità di riuscire a riconoscere all'altro una propria e autonoma esistenza. Freud parlava di narcisismo secondario come di quella condizione psichica in cui la libido, ossia l'energia psichica, verrebbe investita sull'Io anziché sulla realtà esterna: l'oggetto d'amore diventa l'Io piuttosto che l'altro. Dunque, il narcisismo patologico è caratterizzato dall'inesistenza dell'altro. Un'inesistenza da intendersi non come fisica - poiché spesso i narcisisti sono ben integrati nella società, hanno svariati rapporti interpersonali e vanno alla ricerca della relazione -, bensì psichica: l'altro, in quanto individuo separato da sé e avente un proprio autonomo apparato per pensare, non viene riconosciuto. La cecità narcisistica si traduce in un'incapacità di stabilire relazioni affettivamente rilevanti, finanche con la figura di un eventuale terapeuta. La propria realtà interna viene misconosciuta e rifiutata, ancor più nel caso in cui l'altro cerchi di valorizzare la propria esistenza. Il narcisista parla più che ascoltare, impone più che condividere, offende più che convalidare, compete più che cooperare, usa più che amare, colleziona più che scegliere, invidia più che gioire. In nuce, il ricorso al pronome personale "tu" è sprovvisto della dimensione dialogica e, spogliato del significante, rivelerà il suo reale significato: "io".

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