QUAL È IL TEMPO GIUSTO?

19.02.2020

Il bambino può cominciare a simbolizzare la presenza della madre, ossia a crearsene una rappresentazione interna, solo se gli viene concessa la possibilità di sperimentarne la mancanza: mancanza come attesa, non mancanza come assenza. Da un lato, l'onnipresenza della madre non permette al bambino di percepirne la presenza, la quale si può esperire soltanto in un contesto di mancanza; dall'altro, l'attesa della madre, se supera la soglia di tolleranza del bambino, può essere vissuta come assenza e, quindi, come morte psichica. Il bambino, quindi, ha bisogno della presenza della madre, ma anche di viverne la mancanza. Ciò che conta è il fattore tempo: la madre deve stare via, ma non via troppo; deve esserci, ma non esserci troppo. In sostanza, deve sincronizzare il proprio orologio psichico sulle lancette del bambino. Allo stesso modo, all'interno della relazione terapeutica, il terapeuta deve rispettare i tempi del paziente, scegliendo non solo il contenuto dei propri interventi, ma anche il momento propizio in cui farli: il cosa e il quando. Il terapeuta, quindi, deve cogliere il momento giusto per esserci, senza esserci con la parola, quando è importante ascoltare il paziente, ed esserci, questa volta con la parola, quando è necessario formulare un intervento.Esiste un tempo giusto? Sì, quello che contempla la consapevolezza dell'esistenza psichica dell'altro. 

www.claudiaboffilo.webnode.it
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia