IL PAZIENTE CHE È NELL'ANALISTA
Lo strumento principale di un analista è la sua personalità. È indispensabile che egli sappia chi sia, da dove venga, e che indaghi tanto le proprie aree nevrotiche quanto quelle psicotiche. È importante che vivifichi il proprio vero Sé e che conosca con chi abbia a che fare, se stesso, per poter fare un uso proficuo del proprio sentire. È essenziale che non cada nell'errore di considerarsi sano di fronte ad un individuo malato, il paziente. Infatti, a contare è proprio il rapporto terapeutico, quale interazione tra due persone, entrambe un po' sane e un po' malate.Nella stanza di analisi, l'analista si lascia contagiare da ciò che il paziente non è ancora in grado di sentire e di pensare, facendosi quindi abitare, come un utero materno, dai contenuti deposti su e dentro di lui. Quindi, da un lato, l'analista, affidandosi alla continuità psichica, si "ammala" insieme al paziente, per capire dall'interno ciò che questi sta ri-vivendo nell'hic et nunc; dall'altro, è in grado di affrancarsi dalla posizione del paziente e mantenere distinta la propria identità, per poter com-prendere ciò che il paziente (non) gli sta comunicando.Per tutte queste ragioni, e molte altre ancora, ciò che rende realmente funzionante il dispositivo affettivo-emotivo di un analista è proprio la sua analisi personale: prima di essere analista, anch'egli deve essere stato paziente. "Il vero sé in azione" è la narrazione della trasformazione interiore di una psicoanalista, Margaret Little, che diventa paziente di Winnicott, e rivela quanto un'analisi profonda e illuminante conduca ad un'autentica relazione con se stessi, sovvertendo il corso della vita. L'autrice, ora analista di sé, ora paziente dell'altro, presenta un resoconto lucido, intimo e struggente della propria analisi, senza riserve su dettagli autobiografici, diagnostici e terapeutici.Ciò che emerge è il ritratto di un analista, Winnicott, raffinato, empatico, gentile, compassionevole e fermo, capace di utilizzare mirabilmente i sentimenti sviluppati su e per il paziente e di offrire un ambiente facilitante in cui possa essere possibile un completamento dello sviluppo dell'Io.Condivido alcuni stralci che hanno sollecitato in me profonde suggestioni:"La prima seduta portò ad una ripetizione del panico che avevo già provato. [...] D.W. rimase in silenzio fino alla fine, quando mi disse soltanto: 'Non so, ma ho la sensazione che lei mi stia tenendo fuori per qualche motivo'. Ciò mi diede un certo sollievo, perché poteva ammettere di non sapere qualcosa, e poteva accettare di essere contraddetto, se in seguito mi fosse capitato di farlo" (p. 42)."[Winnicott] non esercitava nessuna pressione su di me, ascoltava i miei problemi, dimostrando di riconoscere il mio sconforto e di poterlo sopportare" (p. 53)."Come aveva detto una vecchia amica che mi conosceva già prima che cominciassi l'analisi, non 'sembravo neppure la stessa persona'. [...] Ho avuto successi e fallimenti, piacere e dolore, sia nella mia vita professionale che personale e ho trovato la vita degna di essere vissuta come non era mai stata prima" (pp. 67-68)."Il sentimento che predomina è una profonda e duratura gratitudine, perché D.W. mi ha permesso di trovare e di liberare il mio 'vero sé', la mia spontaneità, la mia creatività e la capacità di giocare" (p. 68).La bellezza di uno scritto consta nella sua capacità di essere sentito ancor prima di essere compreso.