CRISI

La parola "crisi" trova la propria origine etimologica nel termine greco κρίνω, che significa scelgo, decido, discrimino, discerno, separo, e rimanda ad un'implicita idea di cambiamento, di passaggio e di trasformazione. La crisi è in stretto rapporto con il trauma, sebbene non sia sovrapponibile ad esso: è uno stato vissuto come difficile, eccedente e limitatamente controllabile, poiché attiene a situazioni nuove e che sfuggono al controllo dell'individuo. Ecco la natura traumatica della crisi: l'equilibrio psichico precedentemente conquistato si rompe, e i mezzi utilizzati per far fronte alle situazioni difficili del passato si rivelano inadatti. Per affrontare uno stato di crisi è necessario, quindi, ricorrere a metodi psichici che obbligano un cambiamento dell'organizzazione psichica; per tale ragione, non sempre uno stato di crisi avrà un esito positivo. Partendo dal pensiero di Ippocrate, che considerava la crisi un punto decisivo di cambiamento conseguente ad un evento o ad una fase dell'esistenza, sarebbe auspicabile attribuire alla crisi un'accezione positiva, in quanto, seppur dolorosa, potrebbe rendersi promotrice di un'intensa crescita psichica. Tale processo sarà condizionato dalla capacità dell'individuo di essere permeabile al cambiamento e di mettere in discussione il proprio modo di essere, in sé e nel mondo. Per aggirare le potenzialità evolutive insite nella crisi, spesso questa viene elusa attraverso il ricorso alla difesa maniacale, nei termini di diniego della realtà psichica. È il caso di quelle situazioni in cui l'individuo afferma di stare bene, di vivere bene, per non sperimentare quell'angoscia depressiva che sarebbe propria di una reale presa di coscienza. In tali casi, l'evoluzione interna non si compirà e l'individuo continuerà a navigare nelle acque sicure dell'inconsapevolezza e perderà, così, l'occasione di conoscersi e di adeguare la realtà agli aspetti creativi del proprio Sé.